Un recente approfondimento del New Yorker analizza come l’IA stia entrando nel campo delle arti e delle scienze umanistiche, generando poesia, musica e saggi. Si tratta di un fenomeno che, seppur affascinante, solleva interrogativi sul ruolo del genio umano nella creazione artistica.
L’articolo evidenzia che competenze quali empatia, spirito critico e capacità narrativa rimangono difficilmente replicabili da un algoritmo. Nasce quindi l’urgenza di rinnovare i programmi universitari, introducendo corsi di Digital Humanities e AI Ethics per formare professionisti in grado di collaborare con le macchine.
Il New Yorker conclude che l’IA non deve essere vista come un nemico delle discipline umanistiche, ma come uno stimolo a innovare i metodi didattici, preservando al contempo l’unicità del pensiero umano.